Centro Studi MB2

Monte Bianco-Mario Bergamo, per dare un tetto all’Europa ETS

MARIO BERGAMO

Biografia

Nasce a Montebelluna, l’8 febbraio 1892. Studia Giurisprudenza, nonché Lettere e Filosofia: nel 1912, universitario, fonda l’Alleanza Repubblicana. Si laurea a Bologna nel 1914. Interventista rivoluzionario, nel 1915 parte caporale volontario alla Grande Guerra terminandola, pluridecorato, da capitano.
Assieme al fratello Guido e a Pietro Nenni fonda nel 1919 il Fascio di Combattimento di Bologna ma si stacca da Mussolini quando questi rinuncia nel 1920 alla pregiudiziale repubblicana.
Il suo studio d’avvocato, in via Foscherari, viene allora più volte saccheggiato e incendiato dalle squadre di Arconovaldo Bonaccorsi e di Italo Balbo che aggrediscono e costringono a bere l’olio di ricino anche Linda Garatti , la moglie, sua fervida sodale. Nel 1926, ancora con Pietro Nenni, è costretto all’espatrio clandestino attraverso i monti ( e il suo esilio in Francia durerà ininterrotto fino alla morte, a Parigi, il 24 maggio 1963).
Alla umiliante disoccupazione iniziale, appena attenuata da qualche lezione di italiano e di latino, sarebbe succeduta nel 1930 l’assunzione al Contenzioso delle Messaggerie Hachette, impiego abbandonato volontariamente nel 1940 per non sottostare al nuovo padrone, il sopraggiunto tedesco invasore. Quindi correttore di bozze , mentre l’antica professione gli serve per assistere e sottrarre alle persecuzioni antifascisti ed ebrei d’ogni dove, indifferente come sempre alle minacce, sfruttando piuttosto il rispetto che gli porta l’avversario: “Irriducibile ma inappuntabile”, lo catalogano assieme a Mussolini i gerarchi che accorrono invano a lusingarne anche un onorevole rimpatrio e, in extremis, a proporgli la stesura della Costituzione della Repubblica Sociale: “l’espressione è Vostra!” gli fa dire Mussolini da Roberto Farinacci….
Finalmente, invece, alla liberazione di Parigi può prendere ad esercitare quale Consigliere Giuridico sebbene in condizioni precarie e ancora spogliandosi delle esigue risorse a favore dei più bisognosi, sopravvivendo in una povertà disarmante quanto dignitosa a difesa della propria libertà.
Al costrutto, una coerenza morale ed intellettuale che attinge la saggezza francescana e un esempio quasi unico di sacrificio all’ideale e di rinuncia ad ogni bene non solo materiale ma pure affettivo poiché per l’interminabile esilio si negherà da ultimo anche alla dolcezza dell’intimità famigliare.
(G.M.B.)

Bibliografia

“… Chiamo così quella che nega l’utilità della semplice opposizione di cronaca quotidiana e giornalistica dettagliante per cui tanto reo tempo si volse e sulla quale indugia e muore tanta parte del vecchio, sovente senile, antifascismo. Il Fascismo ha cause storiche, non è un azzardo, un capriccio; è un fatto di importanza storica, cioè destinato a influire sulla storia oltre la durata del fenomeno; sarà superato con la forza di concezioni e di fatti d’un’influenza storica e non con quella onde l’avremo negato, deriso, irritato o-si fa per dire- isolato.L’Opposizione storica dunque ricerca: 1°-quali sono le origini- simulate o dissimulate, prossime o lontane, dirette o indirette, occasionali o immanenti- del fenomeno. Di qui, analisi paziente ma vivace delle condizioni materiali, storiche e psicologiche del nostro Paese; critica obbiettiva ma spregiudicata di dottrine e di metodi; giudizio sugli uomini, discreto ma completo… 2°-che cosa resterà o deve restare, che cosa scomparirà o deve scomparire del Fascismo, e che cosa è in ultima e verissima analisi, il Fascismo. Quale insegnamento esso residua e che cosa erediteremo del metodo o dei principii….3°-quale sarebbe il corso naturale , diremmo automatico, delle cose; come assecondarlo, arrestarlo, deviarlo. Come si predichi il verbo e come si operi il fatto… In conseguenza, l’opposizione storica: 1°- trova in noi medesimi, persone distinte e filiazione dei nostri padri, e in questo e in quel fatto, e nella loro combinazione o successione, e non soltanto nell’uno o nell’altro di essi, e non soltanto in altrui, le cause prossime e occasionali del fenomeno…2°- non strilla, medita ; non ha pregiudizi ma senso critico; non nega od oppugna per partito preso, ma secondo illuminata coscienza; non chiama in aiuto i vicini, del resto indolenti o impotenti, ma offre loro un esempio di vigore nella resistenza, di prestanza nella sconfitta,espiatoria per tutti, di generosità nella fede…Saggia, l’opposizione storica fa, quanto meno di necessità virtù;…troppo sicura di sé per aver paura del volto della verità; troppo forte di spirito per temere che concedere sia prologo al cedere…”
“… Si impone una sintesi nuova. Il Bolscevismo è una sintesi, il Fascismo è l’aspetto d’un tentativo di sintesi. Forse un rigoglioso fenomeno di transizione. La sintesi nuova sarà tra il sociale e il politico e, in qualche modo, fra Bolscevismo e Fascismo. La solita sintesi forse, ma di grado superiore. Il non avere capito quale sintesi ( congiunzione del reale con l’ideale, del politico e del sociale) reclamavano i tempi, doveva perdere il socialismo italiano….Bisogna fondere il nazionale con l’internazionale… bisogna voler dare un nuovo assetto psicologico, istituzionale e sociale alla nostra nazione…”
“… Se la Chiesa è sempre stata causa o pretesto di turbamento nei rapporti tra la Francia e l’Italia in modo particolare, essa non lo è stata meno nei rapporti italo-europei in generale. Questo turbamento è già potenziale nella soluzione che è stata data alla questione romana nel 1929. L’Europa, per la propria pace, per la propria unità, per la propria vita, postula un’Italia libera e tranquilla. Ma la Chiesa romana, dopo la caduta del Fascismo e la denuncia del Concordato inquieterà l’Europa. Forse non subito e non sempre in modo aperto: la Chiesa è vorace, ma lenta paziente e subdola. Del resto, ahimè, anche la costruzione dell’Europa è lenta e paziente, quale una cosmogonia. Non si dica che gli Absburgo sono spariti con la monarchia e che i Bismarck, dopo che gli Hohenzollern e la loro monarchia sono stati spazzati via, non dirigono più la Germania, e che, in fondo, ci si accontenta di un migliaio di Svizzeri installati nella vigna del gran pastore. La Chiesa tenterà altri mezzi: non sono certo i mezzi che le mancano. Internazionale per sua essenza, intollerante per natura, la Chiesa è tuttavia tenuta, per l’andar delle cose, ad avere una sua sede territoriale nel seno d’una nazione. Per mille ragioni, questa sede non può essere che in Europa. Per mille ragioni attinenti soprattutto alla sua costituzione e al suo programma la Chiesa sarà sempre condotta ad ergersi contro lo Stato di cui è l’ospite, poiché , anche quand’essa non è uno Stato, ne ha sempre e l’animo e il programma. Anche se proclama che il suo regno non è di questo mondo, e che al gregge essa chiede non la lana ma lo spirito, essa è portata, un giorno o l’altro, a pretendere che lo Stato divida con lei certi poteri o che glieli ceda. D’altra parte, siccome lo Stato –feudale, borghese o capitalistico- è, per sua stessa natura, autoritario e conservatore, sovente esso non domanda di meglio che intendersi con San Pietro: per aver la sua pace, o in omaggio al divide et impera . La lotta per la laicità deve essere sempre di moda perché la chiesa e la sua potenza sono sempre di moda…”
“… On a pu dire que l’organisation corporative fasciste est parfaitement cohérente . On pourrait dire tout court que la législation fasciste, à quelques exceptions près, est toute cohérente. Meme les lois consacrant préalablement l’arbitraire, devenu de la sorte une figure juridique, sons des lois e cohérentes et tout à fait adherentes à sa nature. Elles sont, plus exactement, des lois necessaires au Fascisme. La presence de cette nécessité dans le Fascisme –nécessité organique se manifestant bien souvent, à l’intérieur ou à l’extérieur de l’Etat, par una série d’actions ou d’attitudes les plus inchoérentes entre elles- nous permet de saisir la nature d’un regime semblable et d’en juger. Elle nous permet aussi de chérir et de surveiller davantage le regime “démocratique”, cette grele créature qui vient de naitre, à en juger par tant de cris et de douleurs, et aujourd’hui presque nouée; mais que la vie au grand air de l’avenir pourrait fortifier, si les elites _ qui ne se nichent pas toutes,tant s’en faut,dans les Universités,ni ne s’abritent pas toutes dans une seule “classe” – s’en mèlent,à la faveur des dieux,sérieusement. Le Fascisme peut vraiment répéter: ex facto jus. Car la libre force de ses choses et de ses homes a entrainé celle de la legislation.Il n’est vraiment rien, en droit fasciste,qui n’ait été d’abord en fait. Le regime n’a pas su édicter des lois ayant les caractères propres de n’importe quelle loi.DURA LEX SED LEX:”Celui qui n’aura pas oté son chapeau au passage du drapeau fasciste sera fusillé sur le champ”.Pas d’incertitude sur l’extension de la règle,sur le choix à faire ,sur l’attitude à prendre,sur les conséquences.Mais il n’en est pas ainsi de la legislation proprement fasciste.Le citoyen ne sait point si – faute de n’avoir pas oté son chapeau – il va etre déporté.Comme le Doge Ludovico Manin à l’approche de Napoléon,dès l’arrivée du Fascisme on n’a jamais été sur de coucher,la nuit tombée,dans son lit. Tout le monde est en libertè provisoire en Italie. Tout examen de conscience ne saurait preter à beuaucoup de tranquillité. Car ces “lois” ne sont pas des affirmations de principe, valables pour la vie actuelle autant que , pour la vie future, les “Maximes éternelles” de Saint Alphonse de Liguori. Ces “lois”, on les applique pour de bon! Une fausse monnaie juridique, mais ayant cours legal quand meme . M.Mussolini est, peut-etre, capricieux; mais le Fascisme aura été, lui, une chose sérieuse . Pas moins en raion de ses causes qu’en raion de ses faits et de ses effets…”
“… La Morte e la Natura non avrebbero dunque stupito, come annuncia l’orrida bellezza del canto medievale, e non avrebbero dunque sospeso lor leggi, per lasciare ancora a tanto soldato -della patria, dell’idea, della fede; della giustizia, della libertà, del sacrificio- la luce del sole? Stupiscano gli uomini! Non della miseria in cui s’è spento ma della ricchezza dell’anima sua. Non delle sue gesta -lui, volontario e flagellato di colpi nella guerra militare; lui, volontario e percosso da colpi , non sempre nemici, in quella civile; volontario negli esilii, o amici catalani, ove non consumò che “un intruglio di crusca e di cicuta, che è il pane amaro della diaspora”: ma delle gesta a cui anelava, e che prometteva , indomito, al corpo, che gli fu sempre ribelle, e allo spirito che fu in lui dominatore, e di cui fu quindi sovrano. Vi dico che non soltanto sua madre e la sua compagna e le sue figliole adorate; non soltanto un gruppo politico e quello più vasto dell’unica causa: ma la libertà ha perduto un campione, il sacrificio ha perduto un esempio, la religione un decoro, l’arte uno degli estremi umanisti, la cultura un meditante. Fece quel che potè. Ma il tempo e le forze gli furono tolti quando -io dico il vero- incominciava un grande cominciamento . Chi direbbe non essere vero che ognuno di noi, ognuno degli avversari o degli amici, attendesse, ansioso o paziente, che un amico postoglisi al fianco, un avversario venutogli fra mano, il rifiorir della rosa sulle sue labbra, lo squillo di una diana, una subita inspirazione, fosse causa occasione pretesto al rivelarsi e al dispiegarsi intero e pieno dell’animo suo ? Fece quel che potè, e quello che i casi e la pigrizia delle sorti consentirono. E se ne andò. Senza debiti di gratitudine verso gli dei, divenuti feroci quanto erano già stati propizii; verso la fortuna, mutatasi in invidiosa d’una scelta nella quale era stata felice; e verso gli uomini, tutti ripagati ad usura…”
“… In ogni movimento di uomini importa all’uomo politico –dico ai buoni e ai grandi artieri, non ai manovali d’un giorno; dico a coloro sui quali incombano come un dovere la speranza e la volontà di un avvenire di ricostruzione fondamentale- importa di cercare il primo motore, e non le forze derivate o l’ultimo; il fatto che oscuramente o palesemente determina, o violentemente occasiona altri fatti, e non questi; la minoranza prima intorno alla quale fa poi ressa e quindi si impone la maggioranza, e non questa; di questa, in ogni caso, non gli orpelli e gli appelli coi quali dissimula e simula per avere consenso e credito, altrimenti negati; ed anche meglio che la minoranza, cercare la sua èlite intellettuale e morale, reclamante, avida e pronta, un mondo cui potersi adattare senza vergogna e senza rimorsi; coloro, infine, che reclamavano dei capi alla bisogna, spiritualmente e socialmente immane, non coloro che poi li ebbero trovati. Questo cercherebbe l’uomo politico e chi, dilaniato da una passione di liberazion radicale , bramasse rendersi conto di quello che è successo, del perché, del come, e magari del fino a quando. Per fare, naturalmente, della politica, che è un arte suscettibile di attingere idealmente i vertici di ogni bellezza e di ogni giustizia; della politica e non della etnologia pura e spuria, del folklorismo;e meno ancora per pescare nel misto pantano delle cose il pesce rarissimo della causa delle cause. Il Fascismo nato da una associazione a delinquere, è l’interventismo suscitato dall’oro di Francia. Il Fascismo generato dal capriccio di quattro spostati – come trasuda borghesia questa tesi!- comandato da un cesare da carnevale e destinato a svanire con lo svanire del re delle maschere…: in verità, io non ho mai preso troppo sul tragico le profondità degli storici e le loro combinazioni; ma a spiegazioni o a definizioni del genere la mia intelligenza, il mio buon senso è ribelle, e la storia, da cui poco pretendo, mi diviene inintelligibile. Pessimista notorio, perché credente ancora in qualcosa (oh, solo qualcosa; e si dovrebbe far presto a pigliarmi in parola) e avido per questo d’azione, io, nella varia compagnia, rare volte malvagia, ma scempia sovente, sono dei pochi che abbiano risparmiato alcuni insulti al popolo italiano, pittoreschi e pietosi ad un tempo. Meno si è preso sul serio il Fascismo, e le sue leggi , e più si è offeso il popolo nostro e il suo destino, e più è stata considerata la Storia come una fiaba, ridotta, per l’occasione, in commedia imponente quaranta milioni di comparse a far la morale a un mondo di benestanti savi con riproduzioni spartane di una vastità mai veduta…”
“… Un principio politico, quale : “la Repubblica è l’unica forma logica e legittima di governo” un principio sociale quale: “Capitale e lavoro nelle stesse mani”; un principio morale quale: “la Vita è missione: ogni altra definizione è falsa e travia chi l’accetta”; un’intuizione di storia quale: “il problema sociale è il problema dell’epoca”; una precisazione di prassi storica, quale: “il problema sociale è inseparabile da quello politico”; un principio nazionale quale: ” l’amore della propria patria come condizione e ragione dell’amore per tutte le patrie”; una sintesi come la seguente :”la parola Democrazia, benché , dotata di precisione storica, esprima energicamente il segreto di vita di un mondo, nel mondo antico è, come tutte le locuzioni politiche dell’antichità, inferiore all’intelletto dell’Epoca futura, che noi, repubblicani, dobbiamo iniziare. L’espressione REPUBBLICA SOCIALE è da preferirsi, come indicatrice del pensiero che è la vita dell’Epoca. La parola Democrazia fu inspirata da un pensiero di ribellione, santa ma pur ribellione. Ora , ogni pensiero siffatto è evidentemente imperfetto e inferiore all’Idea che sarà dogma al futuro. Democrazia suona lotta: è il grido di Spartaco , l’espressione d’un popolo sul primo levarsi: governo, istituzione sociale rappresenta un popolo che si costituisce e trionfa. L’Aristocrazia cancellerà, spegnendosi, il nome Democrazia.(Politica vol. 4° 338) Ecco dei principi –per non citarne che alcuni, e scelti solo tra i primi formulati dal primo e sommo fondatore del Partito- che costituiscono per usare in via analogica, ed impropriamente, una espressione kantiana, delle leggi (intuizioni di ragione) , dei noumeni, mentre il pensiero predicato e l’azione svolta, successivamente, in questo o in quel momento storico, dal P.R. non sono che manifestazioni di vita, cioè fenomeni. I fenomeni hanno loro leggi, ben s’intende, e rispondono a leggi: ma non sono la legge. Sono soltanto dei fatti storici; la legge , invece, suscita o aiuta la Storia…”
“… Mentre nel mondo il vario antifascismo di professione non sa, in un’epoca che è messianica, prendere la minima iniziativa e soffia il flebile fiato sul fuoco pacifista di tutti gli albionidi, io mi spoglio non dei sensi, come vorrebbe Socrate, ma di ogni risentimento e di ogni egoismo e mi rifugio nella mia coscienza, che poi vale quella di Socrate. Io amo qualcuno e qualcosa. I miei amori sono definiti. Da essi e per essi irradia ogni altro. Il mio internazionalismo e il mio universalismo, direi lo stesso mio razionalismo, hanno queste basi positive. Amo l’Italia perché ne sono un prodotto, e del prodotto la ricambio elevandola a concezione, a creazione del mio spirito, ad oggetto reale e a fine ideale dei miei supremi desideri di uomo libero e innamorato della giustizia sociale. Se perdessi anche l’amore per il mio Paese, che non ha soltanto l’impero romano e Dante Alighieri e glorie e gloriole da conservare, ma ha proletari da redimere innumeri e iniziative da prendere non mi resterebbe più nulla da perdere al mondo. Ma il mondo stenta a comprendere che tu possa amare così, perdutamente, una cosa non tua. Alla patria, così concepita nella lavoreria del mondo per bisogno naturale, intellettuale, cristiano, rivoluzionario, non si è mai donato abbastanza, come in amore; il quale comincia a morire il giorno in cui non riesce più a sorpassarsi. So bene che il primo zoccolante, patriota o antipatriota carnale, che mi venisse fra i piedi potrebbe dimostrarmi che ho torto, e che egli ha ragione. Ma le ragioni degli zoccolanti, se non valgono a governare il mondo comune, come varrebbero a governare il mio, che è assai più difficile?…”
“… Se il Partito Repubblicano non fu abbastanza “socializzato” il Partito Socialista –il più spesso provinciale e scolastico e ringhioso e così puerilmente e unilateralmente “internazionalista”: eppure ebbe dei santi, ai quali fui caro- fu “repubblicanizzato” anche meno. Mancava di visione storica positiva e di intuito nazionale. Sboccò nel 1919, e fu naturalmente. E allora cominciò il Fascismo e fu inevitabilmente. Vero è che la condizione della plebe era nefanda. I ricordi della fanciullezza fermentarono in me adolescente , e da allora il repubblicano, il socialista, il libertario, l’anarchico praticante, il “grande” italiano ch’io sono. (Che tu veda, figlio mio- checché si insegni all’università e nei comizi- come le migliori idee nascano finalmente dal cuore). Vero è che il repubblicanesimo veniva dal Risorgimento (da più di 30 anni insegno , dico insegno, che il padre della patria è Mazzini) e il risorgimento dalle migliori tradizioni italiane, mentre il grido delle plebi montava dalla gleba ignominiosa, dagli ergastoli industriali, dalle terre del globo intorno al quale ramingava, dantesca garibaldina e pezzente, la Plebe; dalle scuole farisaiche e filistee, da esse le chiese della Chiesa. Ma a tutti pur veniva il grido della Storia, delle necessità italiane secolari, della coscienza morale italiana ottenebrata o infastidita, richiusa o mal dischiusa, e ancora qualche esempio, radioso o sanguigno, storico o in atto, del mondo di fuori. Vero è che la Monarchia italiana-cioè quel sistema che in un modo o nell’altro faceva capo alla Monarchia, installatasi e diffusasi in Italia con i mezzi e i metodi che sarà compito della Repubblica di far comprendere a tutti , obbiettivamente, senza usare violenza alla verità, e dando a ciascuno, popolo compreso, il suo- come falsava la Storia e le cronache, così falsava l’educazione civica degli Italiani. Miserando e miserabile privilegio nostro, il nome di Patria mandava in bestia i pastori di popolo, quasi presi nel gusto d’abiettarsi . E dàgli ai “piccoli borghesi” mentre la borghesia, mai assunta a classe deteneva e monopolizzava, per i “buoni italiani” , anche l’idea , se non proprio il sentimento, di patria. Dal punto di vista civico e morale, l’atmosfera politica italiana fu molto spesso falsa ed equivoca e poliziesca sempre…”
“… Nazione. Non si rinasce all’idea universale che attraverso l’idea nazionale. Nazionalismo di civiltà (universalismo) e non di razza. Idea, non forza. La concezione della forza è l’idea germanica. La concezione dell’ idea è la forza latina.(1933)…Si ebbe il social-fascismo in luogo del nazional-comunismo (fallimento della sintesi. Espressione insensata, del resto, questa mia, perché quello che avviene è quello che è, è necessario). (1933)…” “Occidentalizzare quello che del resto nacque occidentale : occidentalizzare il comunismo. La “forma” russa è storica, ma effimera; effimera anche per ciò. Occidentalizzare: libertà individuale e senso critico. Non c’è più proporzione fra la tecnica, la scienza, e le idee. Di qui lo squilibrio ideologico. Non c’è proporzione fra le idee e i costumi; di qui lo squilibri morale. Di qui, l’incapacità di opporre una critica o una resistenza razionale al “Comunismo” . (1949)… “ Non v’è felicità, e pienezza di vita che nella libertà ( la quale, dato il mondo, postula la solitudine) o nella giustizia. Ma l’animale è, pare, politico , cioè sociale, e d’altra parte la pienezza di vita postula il nostro simile. Dunque solo nella giustizia. E dire che la democrazia occidentale dice di preoccuparsi dell’individuo. Se si occupasse un po’ della giustizia” ( 1953) “Vi è dirò così una regione superiore del Comunismo… “(1963)
” … O. Dinale l’ha tanto amato e studiato, che a volte pare volendo sopraumanizzare o lusingarne il genio. Quanto a me, io mi sforzo –qua e la un po’ brancolando, lo riconosco- di stringere sempre più da presso la verità, quella di un’anima . Una volta da noi attinto –”in ispirito di verità”- e detto il vero, Mussolini non avrà nulla da perdere. Si dichiarò “tradito dal Destino e malmenato dagli uomini” . Ma che cosa aveva pattuito con il Destino , il cui destino è per definizione infrangibile ? e che cosa poteva, siamo giusti, aspettarsi di più dagli uomini, se la sua vocazione era appunto di dominarli e guidarli, perché così com’erano non potevano andare? Esule fra gli esuli, avrei voluto essergli, ho già detto, come una coscienza tutelare : purchè e perché mi avesse offerto il corrispettivo tanto reclamato. Non aveva altro scopo l’opposizione storica . Ottenere che egli fosse , negli atti, sé stesso. Incarnare attivamente un’idea ; anche se non era di lor signori o del popolo italiano. Cosa fatta capo ha. I giuristi sarebbero venuti come sempre, dopo. Fallito anch’io ? Affatto. Io praticavo la norma kantiana. E per essergli tutelare giunsi perfino ad un processo penale contro Bruno Buozzi che mi aveva qualificato fascista che si ignora . La qualifica non poteva che nuocere all’opera mia , la quale avrebbe ripetuto la sua efficacia soltanto dal mio antifascismo esemplare , insomma evoluto ma intransigente: personalmente però non mi faceva né caldo né freddo, come fu dimostrato e si sa. Gli è che m’ero messo in testa di tentare un processo clamoroso al Fascismo e all’Antifascismo – in quell’epoca, a Parigi, capitale di tutti gli esilii, processi del genere non erano rari – e di illuminare così non meno la opinione nazionale che quella internazionale. Per circostanze indipendenti dalla mia preparazione, non riuscivo , e così perdetti , ancora una volta, il mio tempo. E il Duce si limitò ad annotare che , battagliando, avevo trascinato “con regolare querela il bonzo confederale Buozzi avanti al tribunale”. Bonzo, proprio, no. E quando fu arrestato , ottenni di andare alla Santé , e lì feci la pace con lui e nell’ultimo colloquio mi rimise un memoriale per il ministero dell’Agricoltura, non anch’egli si fosse convertito…all’opposizione storica. Quella di cui anche usavo, ed un poco abusavo con i Germanici”…

L’Enigma

“La vita che ti debbo e ch’io non amo,
Poi che nessuno a viverla mi aiuta,
Nel fastidio d’un alba irresoluta
Ogni giorno riprende il figlio gramo.

Di me la cima , altissima ed acuta,
Toccar non valsi , per alcun richiamo:
Del fiato original tanto ora bramo
Quanto mi basti all’ultima caduta!

Ogni rimpianto è nuovo inganno teso,
Arte, patria, giustizia, tutto invano,
De’miei giorni a venir mi affanna il peso

Di’ se convenga, al figlio di tua mente,
-Ribelle ai numi, ribelle a l’umano-
Ricongiungersi a te, perpetuamente.”

Paris 18 maggio 1935

Fantasia d’estate

“Mio disìo di cicale e grandi arsure
A piè d’un poggio c’ombra la Toscana!
Sospeso il Tempo è a l’ora meridiana
Vigilanti i cipressi dalle alture

Percettibile un rio dall’acque pure
Rotola e par furtivo ver la piana:
L’avvampante silenzio è un gran peana
Fra le cose passate e le venture.

Ma io torvo e lento il mio pasto di guerra
In bettola manduco e fuori è un sole
Qual se Lutezio fosse la mia terra!

O sol, che arridi e splendi per dispetto,
Recan dal poggio verde due figliole
Bianca tovaglia, un cesto e il mio sonetto.”

Paris , 8 settembre 1942

Margarite

“… margaritas ante porcos
“O fior del mio giardino, o sconsolate,
Io candide qual neve al chiuso inverno,
Io prodighe qual piova a pingue estate,
O margarine mie, sì v’ho gettate!

Nei truogoli spumanti vi discerno,
Fra stabuli odorosi di annaffiate
Sui provvidi escrementi ; e da l’interno
Il grifo che vi grufola a mio scherno.

D’ogni petalo punta che partiva
Le natiche opulente a temperare,
Margaritine, or ancor mi conveniva

“M’ama, non m’ama”, dolce a dimandare:
Non dei grugni grattar la grassa pelle,
Margaritine, briciole di stelle!”

Paris, 16 gennaio 1945

“… Vissi d’insonnia e fu la vita umana un sogno. E me ne andavo fra la Vita e la Morte come fra due gendarmi e lungo era il cammino e ingombro di serpi non pochi muniti di sonagli, e sterpi, che pareano serpi, e istrioni laureati e stregoni mitriati e pozzanghere di liquidi adamitici o di benzina variegata, e lo rendeva impervio anche il babelico frastuono, e i dischi altoparlanti, e i luccicanti orpelli dissimulavano i tranelli ed altra risorsa non avevo che d’essere insomma buono, quale è risorsa all’operaia che rincasa affranta la preghiera dei morti nella sera infida: lugubre ancor nell’aria ondula l’Avemaria dei morti. E “tiriamo innanzi” dicevo fra i gendarmi, quasi scontar dovessi sul patibolo d’esser venuto al mondo, peccato originale. Già sentivo del resto che Giustizia più non combatteva col suo difensore –si che Sancio Panza non vide in Don Chisciotte alcun vendicatore. La portava nelle fiere la Malizia sotto un nimbo di dialettico ideale e le copria le spalle un antico piviale. Proletari di tutto il mondo, Avemaria! L’incubo nel sogno a preso fine , e mi risveglio morto , e posso al Nulla –che resta in potenza il Tutto : lo sanno anche filologi e barbieri- infine ritornare, là donde venni ed ero perché ne avevo, eletto tra i chiamati, serbato la memoria, e mortale trapasso ad immortale. Non più sonnambule le cose ora che il figliol prodigo ad esse fa ritorno: esse vivono meco in ipostasi, che invan cercai fra la coscienza e il corpo vivendo fra i gendarmi. Da questa di cui la defunta vita mi ritardava il tramite, il parossismo contemplo degli umani, e il premio è tanto che benedico il tempo già perduto a vivere. O mia Canzone in prosa, tu sai ch’io mi pensava di avere il sopravvivolo in grazie dei miei versi, bene rimati o sciolti al tempo del pondìo, mentre ora dovrei morire sotto le muscose macerie di mia prosa nel fior della vecchiezza; o tu, Canzon, che celebri nel canto gregoriano il tempo perduto a vivere va dove l’istinto che t’ho dato al fin ti porta. Ma se alcuno nel tuo volo ti fa dal groviglio umano un segno, non esitare : arrestati! Sei bella…” Paris, 18 marzo 1963