Europa: punto e a capo.
Ma quale Europa?
La rapida successione dei fatti politici, occorsi dopo l’insediamento di Trump, non può che essere il risultato di uno zeitgeist o “spirito del tempo” che giunge a completa maturazione dopo decenni.
Dopo due conflitti mondiali, la politica ha agito sotto l’egida e l’onda lunga del “pacifismo”, rafforzato dal conflitto vietnamita e quindi propagatosi, dal punto di vista dell’immaginario collettivo, nel mondo intero.
E tuttavia, le guerre hanno continuato a imperversare da occidente a oriente e viceversa; da nord a sud e viceversa.
Così che, attualmente, lo zeitgeist sembra affatto mutato. Gli storici ci dicono che si tratta piuttosto di cicli, quasi che rispondano a una legge di causalità, che si presume universale. Ma non lo è affatto.
E tuttavia, ora, per contenere il ciclo “interventista” – in corso già da almeno un decennio stando alle parole di molti, e in particolare di Bergoglio -, occorrerebbe piuttosto che i maggiori players politici internazionali si facessero forza e cioè si basassero sui propri interessi nazionali ma cercando forme di convergenza piuttosto che di divergenza con gli altri.
Un esempio è la genesi dell’accordo di pace tra Trump e Putin per la risoluzione della guerra russo-ucraina.
Per quanto concerne l’Europa si ponga allora fine alle parole, finanche divergenti tra singoli Stati di appartenenza, e si assuma una decisione definitiva: se dotarsi di una politica militare comune oppure andare ciascuno per proprio conto, e cioè seguendo esclusivamente i propri interessi. Anche se la storia, che tuttavia non sembra affatto maestra di vita, dovrebbe insegnarci che spesso a fare soltanto i conti propri piuttosto si sbaglia.
Per garantire efficacemente il proprio interesse occorre forza economica e forza militare.
Immaginare una politica militare europea allo stato attuale significa considerare tre livelli : quello NATO, quello UE e quello nazionale.
In tema di difesa, oggi centrale nella riflessione politica dell’Europa, occorre tuttavia intendersi di cosa stiamo parlando cioè distinguere tra difesa dell’Europa e Europa della difesa, cioè capacità di difesa europea.
La difesa dell’Europa non è in discussione né in pericolo poiché garantita dalla Nato. Mentre allo stato non vi è alcuna reale capacità di difesa europea che presupporrebbe una propria organizzazione, integrazione tra diversi sistemi di armamento, produzione e comando, cosa né semplice né veloce a farsi e richiederebbe a monte un “Risorgimento Europeo”.
Una difesa comune europea implicherebbe l’ “emancipazione“ dagli americani. Una politica militare comune necessiterebbe di una politica estera comune che a sua volta richiederebbe una totale convergenza di interessi tra attori e una visione comune d’intenti che allo stato non c’è.
Se la Difesa dell’Europa perciò si è anche più rafforzata dopo l’entrata nella NATO di Svezia e Finlandia, viceversa la Difesa Europea resta una chimera. Tentativi come PESCO e IEI sono nulla che possa paragonarsi all’organizzazione della NATO.
Gli Americani lo sanno e poiché hanno i loro interessi altrove, hanno chiesto da tempo agli Europei maggiori investimenti. Trump chiede un esoso 5% sul PIL, ma giova ricordare che non è ciò che investe Washington, ferma a un 3,8%.
America e Russia hanno preso a dialogare, sono pronte a intendersi sui dossier del mondo con logiche imperialiste e spartitorie. Il “nemico necessario” sembra quindi venuto meno, mutate quindi anche le “narrazioni” e c’è da chiedersi se via di questo passo, anche la Nato non sia destinata a trasformarsi in qualcos’altro. Mentre riguardo all’Europa c’è d’augurarsi un cambio di paradigma e finalmente immaginare il sorgere di una Federazione, almeno con chi ci voglia stare, punto e basta!
Paola Bergamo*
Angelo Giubileo**
*Paola Bergamo, presidente Centro Studi MB2 Monte Bianco • Mario Bergamo per dare un tetto all’Europa
**Angelo Giubileo, filosofo








