IL PUNTO DI VISTA DA OVEST E LA LOGICA DEL MEDIO-OCCIDENTE
di Antonio Bettelli
Da sempre è accaduto che il problema maggiore degli imperi sia stato quello del Limes, dell’area di confine. Le periferie dell’espansione dell’impero sono, infatti, luogo di frammentazione, di rivolta e d’insubordinazione. Tuttavia, il Limes è necessario; lo è per assicurare protezione alla centralità dell’impero e per suscitare sfogo alle tensioni marginali – nei luoghi dove le culture, con la diversità degli usi e dei costumi, si mescolano – demandando ad emissari terzi il compito di governare il caos. Poi, è certo, di tanto in tanto, l’egemone deve mettere in campo la sua potenza in modo diretto, e deve farlo per ristabilire l’ordine compromesso o prossimo a divenire tale.
Nello spazio della medietà, cioè di quello che sta in mezzo tra centro vitale ed elemento esterno, trova luogo il Limes dell’Occidente incardinato sugli Stati Uniti, vera e forse ancora unica potenza globale e planetaria. Nell’Ottocento il baricentro del potere egemonico risiedeva in Europa, e la Gran Bretagna con il suo potere navale e con il grande carattere sociale di nazione protestante, animata quindi da una visione manichea dell’esistenza, era la capofila della supremazia occidentale rispetto all’Oriente. Il Limes si spingeva dunque a longitudini più remote rispetto alle attuali; vi erano il dominio britannico nel sub-continente indiano, poi frammentatosi con la nascita del Pakistan, e poi vi fu l’Afganistan, improvvidamente creato nella sua versione moderna dal confine artificiale disegnato da Sir Henry Mortimer Durand. Le guerre del novecento furono i momenti salienti del cambiamento nella disposizione geografica del potere. La ricchezza e la supremazia militare degli Stati Uniti, con la loro affermazione nel campo di battaglia dei due conflitti globali, debellarono l’antagonismo tra Occidente e Oriente europei: la rivoluzione d’Ottobre del 1917 recluse l’impero russo nel caos, pur dando spazio agli ideali socialisti, e l’epilogo della seconda guerra mondiale neutralizzò le velleità della Germania, unica potenza europea che sul finire dell’Ottocento era in grado di sottrarre alla Gran Bretagna il ruolo di capofila del potere globale. Le cose si disposero presto secondo un nuovo ordine: nuovi confini, dunque, e nuove ripartizioni. Vi erano infatti in gioco importanti ricchezze emergenti, su tutte l’ampia disponibilità di idrocarburi indispensabili alla macchina industriale dell’Occidente e il controllo dei commerci navali, forieri dei grandi scambi, ampliatisi anch’essi alla dimensione planetaria. Il centro di potere si era definitivamente spostato oltre l’Oceano Atlantico, e la logica fu dunque quella di creare una politica di sicurezza transatlantica di cui la NATO divenne l’emblema. Con la nuova visione globale si formò anche il nuovo Limes: non più le aree centro-asiatiche, ma l’Europa Occidentale stessa, divenuta, rispetto alla visione proiettata dagli Stati Uniti, il Medio-Occidente. Chi, dunque, si contrappone al Medio-Occidente? Chi destabilizza l’ordine costituito? Chi fa le spese della rinnovata frammentarietà periferica? Queste sono le molte domande che soggiungono a fronte dell’acuirsi delle crisi tra Medio-Oriente e Medio-Occidente, di cui i poveri Stati di confine sono autori e vittime al tempo stesso. Vi è forse il contraccolpo degli interessi globali insinuatisi, ancora una volta improvvidamente, nei meandri millenari dell’odio arcaico intra islamico, tra sciiti e sunniti? Vi è il ribadirsi del paradosso religioso tra monoteismi, valido pretesto per ravvivare gli animi delle masse dei disperati e dei rappresentanti dell’ortodossia più fanatica? Vi sono latenti interessi economici e finanziari, mai del tutto disgiunti dalle nefandezze belliche? Ancora una volta, i grandi della terra si accorderanno, mentre i piccoli, posti a cavaliere del Limes, continueranno a soffrire. Per Israele, Palestina, Libano, Siria – ad altre latitudini per Ucraina e province russe dell’Ovest – il destino infausto della periferia è rinnovato, e lo è con il sigillo d’odio già fermamente apposto sulle prossime generazioni.
F.to Antonio Bettelli
2 ottobre 2024