BASTA SAPER LEGGERE
di Antonio Bettelli
23 febbraio 2025
Guardare al mondo oggi non è facile, ancor più difficile valutarne gli eventi e individuare, secondo le inclinazioni intellettuali e morali di ciascuno, una posizione di giudizio da cui ricavare qualche certezza. Condizionati come ormai tutti siamo da una comunicazione ridondante, breve e veloce, noi – spettatori distratti se non assenti – stentiamo a trovare la giusta via. Vaghiamo, allora, nel disordine delle proposizioni pedissequamente proposte dai portavoce di partito, formulate dagli opinionisti di geopolitica, argomentate dai presunti conoscitori della realtà.
Il più delle volte si tratta di recite pronunciate al solo scopo di accrescere la faziosità del consenso. Consenso che è divenuto fanatismo, cioè negazione dell’evidenza, dimostrazione dell’indimostrabile, ostentazione chiassosa di vane ragioni. Fare rumore, insomma, poiché optare per il silenzio equivale a negare l’esistenza. Chi, d’altronde, sceglierebbe di cancellarsi dall’anagrafe mediatica e “social” e di diventare apolide della dimensione identitaria oggi più acclamata? Chi vorrebbe essere alieno in un pianeta nel quale si ha facoltà di “essere” solo se si “appare”?
Vengo al punto. Si parla molto di Europa, e lo si fa a fronte dell’improvvisa, per quanto prevedibile, perdita dei riferimenti ai quali avevamo demandato il patrocinio delle nostre scelte. Era stato facile schierarsi a supporto della martoriata Ucraina ritenendo che così facendo si sarebbe stati dalla parte non solo del giusto ma anche del vincitore. Alle spalle vi era infatti lo “zio Sam”, che già tanto in passato aveva provveduto alle nostre fortune. Quello era il mainstream occidentale ed europeo. Come, quindi, avremmo potuto scegliere una posizione anche solo leggermente diversa? Perché avremmo dovuto accollarci il rischio di essere tacciati, come in molti casi è accaduto, di filo-putinismo, di stare dalla parte di Golia, di difendere Caino, di giustificare la bramosia dell’orco e dell’orso russo. Con quali conseguenze economiche, industriali, finanziarie, sociali?
E così, chi ha deciso per noi tutti ha valutato che anche noi italiani non dovessimo sottrarci all’obbligo materiale e morale di far parte della coalizione occidentale contro la Russia. Poiché è innegabile che la scelta operata dai nostri governi ci ha collocati, “senza se e senza ma”, seppur a mezzo servizio, tra i quadri dell’alleanza contro Mosca, cioè tra le fila di una nuova unione tra Stati: un’unione tuttavia amorfa e monca, un’unione priva di un accordo internazionale ratificato ab origine dai più alti organi istituzionali dello Stato (come lo è invece il trattato nordatlantico).
Anche noi italiani abbiamo dunque fornito armi, denaro, addestramento e avallo politico-militare a Kiev, e lo abbiamo fatto in ordine a un principio di solidarietà internazionale il cui filantropo più influente era l’alleato maggiore, cioè gli Stati Uniti. Poi c’era la NATO che ci avrebbe difeso nel caso in cui qualcosa fosse andato storto: “tutti per uno, uno per tutti”.
Nell’assumere questa posizione rispetto al conflitto russo-ucraino, noi italiani abbiamo tuttavia omesso i due aspetti fondamentali dell’articolo 11 della nostra Costituzione. Come sappiamo, e mi riferisco al primo di questi due aspetti, l’Italia repubblicana, democratica e liberale “…ripudia la guerra quale mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali”. Si può argomentare sul significato di “controversia internazionale”, ben riconoscendo che definire l’efferato attacco di Mosca all’Ucraina una controversia internazionale potrebbe risultare offensivo della dignità dell’aggredito. Si è trattato di una vera invasione militare, un attacco che viola il diritto dello Stato ucraino di esistere secondo la definizione di spazio che gran parte della comunità internazionale riconosce. Su questo aspetto credo che non vi siano dubbi. Si può poi argomentare sulla definizione di guerra, e se occorra una dichiarazione formale per sancirla, ovvero se basti favorire l’una o l’altra parte con il proprio coinvolgimento materiale, e se, ancora, questo contributo debba essere espresso con ogni sostanza, inclusa quella delle vite umane, oppure se basti dare denaro, sistemi d’arma, munizioni. Certo è che le guerre partecipate a metà non esistono, e se esistono esse sono spesso foriere di più gravi sventure. Le guerre non dovrebbero esistere, in realtà, ma se accade che si decida di combatterle, facendone parte, schierandosi, allora bisognerebbe avere la dignità di farlo non solo con illuminata strategia, finanche con astuzia al limite del cinismo, ma anche con impegno morale e con profondo senso di responsabilità.
La seconda omissione deriva dallo stesso principio costituzionale, là dove l’articolo 11 recita: “… [l’Italia] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. L’appartenenza alla NATO si pone nell’alveo della consapevole rinuncia di parte della sovranità nazionale. In tal modo si accetta la possibilità d’impegnare al meglio le risorse materiali e morali della Nazione – come la guerra sempre esige – per la difesa non solo dell’Alleanza nel suo insieme, ma anche di un solo Stato membro nel caso in cui questo fosse aggredito: “tutti per uno, uno per tutti”. In tale quadro, è significativo notare che l’unico caso nel quale l’Articolo 5 del trattato nordatlantico sia stato invocato, dal 1949 a oggi, è stato l’attacco alle torri gemelle dell’11 settembre 2001. Da quell’invocazione ne sono derivati vent’anni di presenza dell’occidente nordatlantico, allargato a qualche altro partner, in Afghanistan. In quella circostanza, è bene farvi mente locale, si è andati oltre l’esigenza di difesa fisica del territorio NATO aggredito dagli aerei omicidi mossi da Bin Laden.
La strategia difensiva della NATO è quindi incardinata su questo concetto, cioè sulla difesa anche puntuale di qualsiasi porzione dell’area cosiddetta euro-atlantica della NATO: dalla Finlandia ai baltici, dalla Polonia alle latitudini mediorientali e asiatiche della Turchia, dalle retrovie continentali europee alle profondità marittime dell’oceano Atlantico, dalle acque artiche degli Stati scandinavi ai mari chiusi e caldi del Mediterraneo. E lo è, giova ancora una volta rammentarlo, per difesa da un atto di aggressione, quest’ultima verosimilmente fisica e territoriale, anche se gli attacchi cyber hanno indotto un’accesa discussione in seno all’Alleanza sull’attribuzione anche giuridica della responsabilità dell’aggressione e sulla legittimità delle forme di difesa. Nonostante l’incertezza dei confini delle nuove minacce ibride, l’aggressione fisica e territoriale a uno Stato membro è, attualmente, l’unica ragione per la quale il nostro Parlamento decise, nel 1949, di ratificare il trattato nordatlantico facendo sì che l’Italia ne divenisse uno dei tredici Stati fondatori. Difesa dell’Alleanza, difesa collettiva degli Stati membri, pur sempre difesa.
Ora accade, invece, che il filantropo di maggioranza, il difensore principe della libertà, il più ricco e il più potente di tutti, proprio lui, il capofila della NATO, si tiri indietro dalle posizioni assunte e parzialmente indotte, e decida di abbandonare i partner europei. Ne deriva incredulità, sgomento, soprattutto paura. Privi di quella tutela, noi europei siamo adesso allo sbando: il concetto della Difesa collettiva sancito dal trattato nord-atlantico è, per sillogismo ideale, estensibile all’Ucraina? Lo è senza la voce grossa degli Stati Uniti? O lo dovrebbe essere proprio perché quella voce è venuta a mancare? Se la risposta fosse sì, quale dovrebbe esserne il criterio, quali le modalità e i mezzi?
Riappropriarsi del proprio ruolo è tuttavia urgente scelta di dignità. Farlo ora, quando molto prima si sarebbe potuta e forse dovuta assumere la parte di soggetti terzi, di mediatori, rispetto alla crisi, poi divenuta conflitto, è sicuramente molto difficile.
La nostra Costituzione, tuttavia, ce lo dice con forza. Basta saper leggere!








