Centro Studi MB2

Monte Bianco-Mario Bergamo, per dare un tetto all’Europa ETS

ATOMBOMBE, UN DILEMMA MADE IN GERMANY

ATOMBOMBE, UN DILEMMA MADE IN GERMANY
di Piero Di Nepi
Centro di Analisi Politica e Geopolitica “loStatodellecose

La Germania si era prontamente adeguata alla richiesta NATO di portare la spesa militare al 2% del PIL, prima tra i paesi NATO dell’Europa a onorare la cosiddetta “Dottrina Trump” in vista di un disimpegno americano. Produce le armi più sofisticate, ma preferisce venderle agli altri. E adesso i militari, ormai privati per sempre dell’antica disciplina degli junker prussiani, dovranno adeguare le proprie forze armate a standard operativi non più visti dopo il 1945. La Bundeswehr certo non sarà la nuova Wehrmacht, ma neppure l’equivalente di una forza di polizia valida soltanto per mantenere l’ordine nelle retrovie delle missioni di pace internazionali. La Germania, a suo tempo, aveva chiuso entrambi gli occhi sul debito greco, e per inciso anche su quello italiano. E fu per questa effettiva benevolenza che Mario Draghi poté lavorare in perfetta serenità nel suo ufficio alla BCE. La Germania riconosce tutte le responsabilità storiche ereditate dopo il Terzo Reich, e accetta dunque di essere il garante ultimo di Israele. Peraltro dopo il malaugurato Nuclear Deal/JCPOA di Vienna (14 luglio 2015) gestisce senza dichiararlo ufficialmente le comunicazioni degli Ayatollah di Teheran con l’Occidente. Berlino fu molto rigorosa sul conto da presentare agli inglesi per la Brexit, ma ha comunque evitato di svegliare dalle tombe dove giacciono non del tutto pacificati gli spettri di Dunkirk-Dunkerque e dell’Adlertag, il “giorno dell’aquila” che nell’agosto 1940 vide l’avvio della campagna di bombardamenti della Luftwaffe nazista sul Regno Unito. Questi sono fatti, e dunque la Brexit ha nuovamente consegnato l’Europa all’egemonia dei tedeschi che solo a Londra avrebbero potuto trovare un contrappeso. Le velleità francesi di rinnovata grandeur non scalfiscono minimamente la realtà effettiva. Gli stessi inglesi hanno così apposto il sigillo della ineluttabilità sullo storico risultato che nonostante due spaventosi conflitti mondiali avevano fallito prima la Germania imperiale del Kaiser Guglielmo II, militarizzata ma democratica, e poi la guerra genocidaria del nazionalsocialismo. Nel 1914 il corpo di spedizione britannico avrebbe potuto abbandonare Parigi alle divisioni in marcia del generale Von Kluck. Non lo fecero. Trascorsero poi 26 anni, e il 19 luglio del 1940, dopo la caduta della Francia, le proposte di pace naziste potevano apparire ragionevoli. Non furono accettate, non ci fu Brexit.  Angela Merkel ci ha infine lasciato una Germania egemonica ma riluttante, nella quale i cittadini sono del tutto inconsapevoli del potere che i governanti devono gestire con analoga riluttanza. Tuttavia una responsabilità storica grava di nuovo sulla nazione, e la guerra di Putin in Ucraina ha reso ancora una volta terrificante per i tedeschi la situazione sui confini dell’est. Sono lontani i tempi nei quali certi baldi quarantenni in vacanza sulle spiagge italiane potevano spiegare senza vergogna che “noi tedeschi abbiamo una sola colpa, quella di avere perduto la guerra”. Era il 1965.  Chi scrive ricorda però anche i mutilati che preferivano parlare di “incidenti sul lavoro”, ed erano i reduci di tutti i fronti dove il Reich hitleriano aveva commesso crimini senza precedenti, una generazione che non esiste più. I nipoti dovranno dotarsi di un arsenale atomico? La Germania fa i conti con il suo passato, seriamente e consapevolmente. I tedeschi sono diventati “buoni”. Meglio che una speranza, una certezza. Adesso però occorre pensare l’impensabile. Dopo il disastro di Fukushima i governi di Berlino avevano deciso di abbandonare l’energia nucleare. Tuttavia le centrali dismesse hanno prodotto plutonio in quantità tale da consentire ad un paese tecnologicamente avanzato quale è la Germania di dotarsi in pochi mesi della temuta Atombombe. I tedeschi sanno che la Casa Bianca, chiunque dovesse abitarla, non rischierà nulla per proteggerli. L’ombrello nucleare della Francia e del Regno Unito viene ritenuto strettamente nazionale, dunque inadeguato. Tra un improbabile esercito europeo dotato della “bomba” e una Germania dotata di un proprio deterrente, Berlino ha cominciato a discutere del problema. E non soltanto in via accademica. Trent’anni dopo la fine della Guerra Fredda le relazioni internazionali sono segnate da un’assoluta imprevedibilità. Il Giappone è tuttora praticamente disarmato e si trova sotto la diretta minaccia nucleare nordcoreana. La Repubblica Popolare Cinese dispiega la forza in modo “soft”, ma non nasconde l’ambizione di proporre al mondo un modello universale. Il conflitto islamico tra Sunniti e Sciiti alimenta il terrorismo. Il 7 ottobre 2023 e la successiva guerra di Gaza, con la deriva sul confine libanese e sulla Siria di Assad, non sono più materia di insignificanti talk show bensì quotidiano confronto nelle stanze riservate delle unità di crisi. Però, in perfetta sintonia, il qualunquismo nazional-popolare italiano ha visto l’uscita britannica dal sistema politico dell’Unione soltanto nella dimensione affettiva e familistica. Ovvero: mamma mia che ne sarà dei nostri giovani che fanno il barista a Londra? Soltanto con la nuova guerra ai confini orientali anche i più distratti hanno dovuto prendere atto di un mutamento epocale, quale è appunto la definitiva scelta degli USA di abdicare al ruolo di superpotenza planetaria. Donald Trump plaude alla decisione inglese di trincerarsi per sempre dietro il British Channel, la Manica. Il presidente Biden è alle prese con l’indigesta politica interna. Ma già Obama aveva avviato il processo: gli USA devono pensare al Pacifico, non hanno risorse sufficienti per misurarsi con Putin in Europa e neppure per disegnare la nuova mappa geopolitica del Medio Oriente. Di fatto gli europei sono ormai soli di fronte ai problemi di un mondo in trasmutazione quotidiana.  La capitale d’Europa è Berlino. Una realtà imprevista.